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venerdì, dicembre 16, 2005

Politica e finanza. Le ammissioni di Fiorani: "Sì, è vero, ho preso quei soldi"


Da: http://www.repubblica.it

"Le mie dichiarazioni appaiono inverosimili anche a me". Dal testo della richiesta di arresto si scopre che nel corso dei tre interrogatori cui è stato sottoposto prima di finire in carcere, Fiorani ha modificato progressivamente la sua versione dei fatti. Fino ad ammettere di avere creato con i fondi sottratti a Bpl una cassa "nera" utilizzata per arricchimento personale per distribuire quattrini a personaggi esterni alla banca. Un meccanismo che si riprometteva di replicare in grande - rastrellando, secondo la Procura, almeno duecento milioni di euro - anche in occasione della scalata Antonveneta. Ad incastrare Fiorani è la testimonianza del suo collaboratore Silvano Spinelli, finito ora agli arresti domiciliari. I pm chiedono a Spinelli: è vero che lei ha gestito le posizioni di alcuni clienti della Bpi i quali le retrocedevano parte dei guadagni conseguiti? "Sì è vero, con alcuni clienti mi ero accordato perché questi mi retrocedessero in contanti parte dei guadagni che Boni (direttore finanziario, arrestato, ndr) faceva conseguire investendo in titoli. In particolare tali clienti mi retrocedevano almeno il 40 per cento del guadagno, consegnandomi il denaro contante che spartivo con Fiorani e Boni. I clienti prelevavano il denaro contante e me lo consegnavano in ufficio. Era stato Fiorani a suggerire di sondare questi clienti per verificare se fossero disposti a dividere gli eventuali guadagni che noi potevamo fare avere loro. Posso dire solo che quello che noi abbiamo guadagnato era utilizzato per arricchimenti personali". A quel punto viene interrogato Fiorani che dichiara: "Prendo atto delle dichiarazioni rese da Spinelli e le confermo. Immagino che come era avvenuto in precedenza avremmo anche diviso eventuali plusvalenze relative all'operazione Antonveneta". Poi cerca di dare una spiegazione un po' vaga dell'utilizzo dei quattrini: "Spinelli utilizzava questo denaro per sistemare alcune posizioni delicate di cui non ricordo l'entità né il nome". I pubblici ministeri incalzano, chiedono cosa Fiorani intenda dire, a quel punto il banchiere fa retromarcia: "Preciso che in effetti si trattava di un sistema per creare una sorte di cassa nera. Ho bisogno di riflettere per indicare le esatte utilizzazioni di questa cassa. Effettivamente quello che ho dichiarato fino adesso, che utilizzavamo questo nero per sistemare delle operazioni incagliate, come appare inverosimile alla Signoria Vostra appare inverosimile anche a me. Prendo atto che un teste ha riferito, che in occasione di un pagamento riservato a persona esterna alla banca, io lo abbia indirizzato da Spinelli per farsi dare del contante e dichiaro che la circostanza potrebbe essere verosimile. Tuttavia in questo momento non riesco, anche a causa della fatica di questo lungo interrogatorio, ad essere più preciso". La "cassa nera", dunque, veniva utilizzata anche per pagamenti a personaggi esterni alla banca di cui Fiorani dice di non ricordare nomi e dettagli. Ma ammette anche che molti dei quattrini erano destinati al suo arricchimento personale, e venivano investiti in business azionari e affari immobiliari, come le due ville faraoniche in Sardegna e in Francia. La villa di Cap Martin è intestata ad una società ombra, in realtà Fiorani ammette di esserne il proprietario: "La Liberty è una mia società con la quale ho proceduto all'acquisto della villa di Cap Martin. L'operazione è avvenuta nel seguente modo: avevo raggiunto un accordo con Gnutti perché lui mi retrocedesse una parte degli utili che avrebbe conseguito sui bond della Kamps che gli avevo fatto avere. Decidemmo di comune accordo la cifra in circa tre milioni di euro. Sono stato io a proporre a Gnutti l'operazione Kamps perché sapevo che lui era interessato all'acquisto di titoli particolarmente redditizi. Ovviamente l'operazione prevedeva un riconoscimento per me per averla costruita a quel modo". Stesso sistema per comprare la residenza in Sardegna: "Villa Alberta è mia. La società ha ottenuto un finanziamento di un milione e mezzo dalla Bpl del quale mi sono occupato personalmente. Il conto Gattuccio è stato utilizzato per pagare la parte in nero della villa in Sardegna, costata complessivamente 3,5 milioni di euro". E il conto Gattuccio fa parte della lunga serie di conti dove Fiorani e i suoi complici facevano approdare le regalie - ma forse bisognerebbe parlare di tangenti - che i clienti privilegiati della banca erano costretti a versare loro. "Sul conto Gattuccio - ammette Fiorani - le perdite le copriva Besozzi mentre i guadagni venivano divisi formalmente con Spinelli e sostanzialmente anche con me".