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mercoledì, dicembre 14, 2005

Politica e finanza. Fiorani & Co., "Soldi a politici nazionali"

Da: finanza.espressonline.it

Soldi rubati perfino ai morti. Caveau svuotati. Denaro sottratto ai piccoli correntisti della Banca Popolare di Lodi. Ma soprattutto la ricostruzione di una rete di interessi e malaffare in cui compaiono tutti i protagonisti della scalate finanziarie dell'anno: Gianpiero Fiorani, Giovanni Consorte, Ivano Sacchetti ed Emilio Gnutti. Ma la frana di confessioni e ammissioni rischia di portarsi dietro anche Stefano Ricucci, Antonio Fazio e una galassia di politici di primo piano su cui la procura sta indagando. L'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Clementina Forleo e consegnata ieri dalla Finanza è soprattutto la storia del nuovo capitalismo rampante italiano, dei furbetti del quartierino: 58 pagine. Tutto comincia dalle dichiarazione di Egidio Menclossi e da numerosi esposti giunti alla procura. È a questo punto che si presenta D. P., regional manager di Bpi. L'arrivo in procura del testimone segna la svolta dell'inchiesta: "Il 7 ottobre 2005 - è scritto dell'ordinanza - in Procura il testimone racconta di aver avuto incarichi fiduciari per conto di Gianpiero Fiorani fino all'aprile 2004". Gola profonda e i politici. "Gli incarichi a me affidati - spiega Gola Profonda - consistevano anche nel finanziamento tramite operazioni strategiche di uomini politici di livello nazionale". I nomi sono stati "omissati" dalla Procura in quanto le indagini delicatissime sono in corso. In particolare ci sarebbe stato un personaggio romano incaricato di segnalare i politici da pagare. Consorte, Gnutti e soci. Il nome di Giovanni Consorte, il numero uno di Unipol, è uno di quelli che compaiono più di frequente. A pagina 16 del provvedimento si ricorda che Fiorani e soci contavano "sull'appoggio di importanti finanzieri, tra cui Consorte, Sacchetti e Gnutti". Ma è lo stesso Gianpiero a scaricare gli ex compagni di scalata: "Fiorani durante gli interrogatori afferma di aver organizzato la scalata insieme con Gnutti con cui aveva progettato di far confluire i pacchetti di azioni in "mani amiche" che ovviamente non avrebbero dovuto entrare formalmente nel patto sennò sarebbe scattato l'obbligo di Opa". Poi tocca a Consorte: "Anche Consorte viene indicato da Fiorani come soggetto che aveva partecipato alle iniziative, acquisendo ulteriori azioni Antonveneta oltre a quelle già in possesso fino al 3,5%". Quindi l'affondo: "Consorte era considerato fidato perché aveva già collaborato nell'operazione E-Archimede". Ma il passaggio più pesante per Consorte e Sacchetti è a pagina 41. Qui si parla di denaro sonante: i due finanzieri avrebbero ottenuto fidi "per 4 milioni di euro senza garanzia con operazioni parallele e sovrapponibili per operare su opzioni put su Stm, Alleanza, Generali, Enel e Autostrade con guadagni per 1,7 milioni di euro ciascuno".
Le mani sulla banca. "Dagli accertamenti della Procura e della Banca d'Italia - scrive Forleo - emerge che, da anni, Fiorani e soci si erano impadroniti del controllo totale dell'istituto utilizzandolo sia per acquisire il controllo di altri istituti (Popolare di Crema), ma anche e soprattutto per acquisire ingenti vantaggi patrimoniali in favore proprio e di terzi, gestendo e operando in pieno arbitrio, nell'assoluta assenza e nella presumibile complicità di organi interni, esterni e soprattutto istituzionali". I proventi delle operazioni finanziarie sui conti privilegiati erano divisi così: due terzi alla banca (e di qui finivano anche ai politici), un terzo ai correntisti. Il ruolo di Fazio. A mettere nei guai Fazio sono soprattutto le affermazioni di Luca Simona, vicepresidente di Summa Sa., società utilizzata da Fiorani proprio per conquistare la Crema. "Fiorani mi aveva detto che l'operazione per l'acquisto della Popolare era sicura e garantita in quanto coperta e voluta da Bankitalia". Ma non era questa l'unica somiglianza tra l'"operazione Crema" e le altre successive. "L'operazione Popolare di Crema sembra presentare caratteristiche assolutamente simili alle scalate successive". Finta italianità. Ma tra le considerazioni conclusive, nel provvedimento c'è un altro passaggio pesante che stigmatizza il "tradimento dei piccoli risparmiatori" e la "difesa pervicace della scalata... i soggetti interessati non potevano essere inconsapevoli, né potevano aver agito per tutelare "tout-court" l'italianità del sistema bancario, volendosi, anzi, dovendosi a tutti i costi con essa proteggere - per evidenti e necessitate alleanze politiche ampiamente emerse durante numerose conversazioni intercettate - chi solo dall'"italianità" del sistema bancario avrebbe potuto continuare a fruire di ingenti e illeciti profitti". Lo spalma-debiti. Fiorani e i suoi, insomma, imperversavano concludendo operazioni su operazioni. Ma non tutto andava sempre per il verso giusto. Capitava che l'"associazione" andasse in perdita. E allora bisognava rimediare. Come? "Spalmando le perdite sui clienti della banca". Clienti inconsapevoli che si ritrovavano d'improvviso un clamoroso "incremento delle spese per commissioni e delle spese varie". In questo modo, scrive il gip, "sono stati provocati ai piccoli risparmiatori della banca danni enormi". La truffa dei morti. Ma non è tutto, perché gli indagati avevano trovato anche un altro modo di spalmare i debiti: i soldi li prendevano direttamente dai morti. "Quando qualche cliente moriva se i parenti non si affrettavano a chiedere indietro i denari contenuti nel conto corrente, loro li incameravano". Il caveau. Ma i sistemi per svuotare le casse della banca erano molteplici e non sempre passavano attraverso abili operazioni sui conti correnti dei clienti. "In qualche caso - è scritto nei documenti notificati agli avvocati - gli investigatori hanno trovato ammanchi direttamente nei caveau della banca". Ricucci & Billé. Massimo Pulcini, il revisore contabile di Magiste (la società di Stefano Ricucci, ndr), interrogato dai pm, dice senza tanti giri di parole: "Garlsson e Magiste (le società impegnate nella fallita scalata alla Rcs, ndr) hanno ottenuto da Bpl affidamenti con tassi fuori mercato. Per quanto riguarda l'operazione di via Lima (il famoso affare da 60 milioni nel quale Billè ha versato subito una caparra da 39 milioni nonostante il rogito sia previsto, forse, nel 2006 al termine della ristrutturazione, ndr) non c'era alcuna giustificazione economica". Il tesoro di Fiorani. Tra un insider trading e l'altro, Fiorani si è garantito la pensione accantonando una vera fortuna. "Secondo quanto è stato possibile stimare, Fiorani avrebbe attualmente un disponibilità di 70 milioni di euro, già messa in salvo".