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martedì, dicembre 13, 2005

Politica internazionale. Iran, Iraq e Petro-Euro - Il vero obiettivo Usa: IL POTERE MONDIALE



Tratto da: «Il petro-euro scalza il petro-dollaro: è la vera ragione della crisi con l'Iran» Sabina Moranti – “Liberazione”

Willkiam R. Clark, un ricercatore esperto in petrolio, e autore di Revisited - The Real Reason for the Upcoming War with Iraq: a Macroeconomic and Geostrategic Analysis of the Unspoken Truth (Le vere ragioni della prossima guerra contro l'Iraq: un'analisi macroeconomica e geostrategica della verità non detta), afferma: attenti le tensioni geopolitiche fra Stati Uniti e Iran «vanno ben oltre le preoccupazioni per il programma nucleare iraniano, come pubblicamente affermato, ma riguardano molto più plausibilmente il tentativo di Teheran di proporre un sistema di scambio del petrolio basato sul petro-euro». Esattamente come per il conflitto con l'Iraq, scrive Clark, «le operazioni militari contro l'Iran sono strettamente collegate con la macroeconomia e con la sfida alla supremazia del dollaro costituita dall'euro come moneta alternativa per le transazioni petrolifere, una sfida non pubblicizzata ma molto, molto seria». Secondo Clark e numerosi analisti, infatti, più dell'accesso ai pozzi garantito dall'occupazione militare è stata proprio la salvaguardia della supremazia del dollaro all'origine dell'invasione dell'Iraq. Saddam insomma avrebbe firmato la sua condanna a morte non per le sue inesistenti armi di distruzione di massa né tanto meno per i massacri dei civili, quanto per avere deciso di farsi pagare in euro le esportazioni di petrolio. Secondo alcuni insider della Casa Bianca l'operazione Iraq freedom, oltre a stabilire una presenza militare e un governo filo-americano, aveva specificamente l'obiettivo di riconvertire in dollari gli scambi petroliferi iracheni e far passare ai paesi Opec ogni fantasia di transizione all'euro - ovviamente più conveniente in quanto meno svalutato del biglietto verde.

Nel caso dell'Iran, sostiene Clark, la minaccia sarebbe molto più concreta visto che Teheran ha annunciato, per il marzo prossimo, l'apertura di una vera e propria borsa petrolifera alternativa alle uniche due ufficialmente riconosciute, il Nymex di New York e l'Internatonal Petroleum Exchange di Londra, una borsa appunto basata su di un sistema di scambi interamente basato sull'euro e tacitamente appoggiata da altri paesi produttori. Perché sia così grave lo spiega a chiare lettere lo stesso Clark: «Se la borsa iraniana prendesse piede, l'euro potrebbe irrompere definitivamente negli scambi petroliferi. Considerando il livello del debito statunitense e il progetto di dominio globale portato avanti dai neocon, la mossa di Teheran costituisce una minaccia molto seria alla supremazia del dollaro nel mercato petrolifero internazionale». Dal punto di vista esclusivamente economico e monetario, l'avvio di un sistema in petroeuro è uno sviluppo logico visto che l'Unione europea importa più petrolio dai paesi Opec di quanto non facciano gli Stati Uniti e, di fatto, gli europei pagano il petrolio iraniano in euro già dal 2003. Ma una vera e propria competizione fra le due monete, in una borsa indipendente dai desiderata di Washington ma lasciata in balia della proverbiale mano invisibile, è l'incubo della Federal Reserve perché, come scrive Clark «gli Stati Uniti non potrebbero più continuare a espandere facilmente il credito attraverso i buoni del tesoro e il valore del dollaro crollerebbe». La borsa iraniana sarebbe insomma una tappa fondamentale verso il passaggio dell'Opec dai petrodollari ai petroeuro, passaggio facilitato anche dal comportamento delle banche centrali di due giganti, Russia e Cina, che dal 2003 hanno cominciato ad accumulare la divisa europea.